BUON COMPLEANNO, URANIA!
1. Compagni di viaggio
Da quanti anni "Urania", che questo
mese ne compie cinquantacinque, è la vostra compagna di viaggio? (Non solo in
treno, beninteso, ma in orbita: orbitiamo tutti intorno al sole alla velocità
di 30 km/sec.) Se parlassimo russo, dovremmo riformulare la nostra domanda
così: da quanti anni "Urania" è il vostro Sputnik? Non possiamo non
ricordare che il 4 ottobre cade un altro fondamentale anniversario, il mezzo
secolo dal lancio del primo satellite artificiale. Un vecchio romanzo della
nostra collezione, A. I era spaziale, voleva essere la cronaca immaginaria
dello sbocciare di quell'età favolosa e foriera di avventure: se oggi siamo
tutti un po' più vecchi, ma anche più saggi e celestiali, è anche perché abbiamo
alle spalle cinquant'anni di esplorazioni e contatti nel cosmo. Impensabile, la
nostra vita, senza lo Sputnik e senza "Urania". Sarebbe come dire che
messer Ludovico avrebbe potuto vivere senza Orlando e senza l'ippogrifo.
Ma c'è dell'altro, perché da quando "Urania" è
apparsa nelle edicole (10 ottobre 1952) e lo Sputnik I ha preso
il volo dal cosmodromo di Baikonur (4 ottobre 1957), la storia umana
è radicalmente cambiata, non solo l'immaginazione. Senza
"Urania" non avremmo avuto parole come "fantascienza", "aeronave"
(poi, fortunatamente, "astronave"), "extraterrestri" e "iperluce";
ma senza Sputnik non avremmo avuto i satelliti metereologici, geostazionari
e per comunicazioni. Non avremmo avuto la parabola, il telefono
cellulare e la mondovisione. Non avremmo dato la scalata alla luna
e staremmo ancora qui a filare sulla conocchia.
Credo proprio che "Urania" avesse
presentito tutto questo. Era uscita, cinque anni prima del vagito dello Sputnik
(bip-bip), ad annunciare l'Era spaziale, a far capire che gl'ingegneri avevano
finalmente partorito il futuro e che l'avvenire era nato con tutti i crismi. La
bomba atomica, all'idrogeno, di neutroni? Erano il ticket da pagare per
l'ingresso nel mondo dell'energia illimitata, delle "spazionavi" e
delle colonie umane in cielo. Del resto, guai a prendere troppo letteralmente
quella lamentosa setta di profeti che sono gli ambientalisti di professione: è
vero che l'umanità del XX secolo si è incamminata sulla strada
dell'autodistruzione, ma è anche vero che persino questa è una conseguenza
dell'ambiente, perché è la terra che ci ha generati ed è la natura che si
esprime attraverso di noi anche quando fabbrichiamo bombe H. Può sembrare un
ragionamento capzioso, ma è l'esatto contrario. Rifletteteci. Se ci
schierassimo contro il progresso tecnologico ci schiereremmo, almeno in parte,
contro il progresso scientifico e filosofico. Se rifiutassimo di proseguire
sulla strada del lavoro umano, dell'homo faber, rinnegheremmo cinquanta secoli
di sforzi della nostra specie, perché la corsa verso lo spazio e verso
comunicazioni sempre più veloci è cominciata a Ur dei caldei, a Ninive e
Babilonia cinquemila anni fa.
Non parlerei di tutto questo se non fossi convinto che "Urania" -
oltre ad essere un'importante collezione di sogni e avventure - sia anche
l'erede del pensiero utopico, di una mentalità "laterale"che
s'interessa alle possibilità dell'uomo e non certo alla loro negazione.
Personalmente ritengo, e forse gran parte dei lettori con me, che l'energia
nucleare pacifica ci serva, che le centrali vadano costruite, che i treni
veloci siano indispensabili. Sono a favore dell'esplorazione dello spazio, del
ri-sbarco sulla luna, delle colonie umane intorno alla terra e sui pianeti
raggiungibili. Ritengo che i computer siano strumenti preziosi e che la vita
tecnologica non sia altro che una nuova forma di esistenza affacciatasi sul
nostro mondo per trasformarlo. Una forma di vita irregimentata e inorganica,
dirà qualcuno; ma rifletta: le forme di vita organiche non sono ugualmente
precarie e controllate dal destino? Se vogliamo cambiare questa sorte, dobbiamo
correre l'alea. Dopotutto, alcuni segni di speranza ci sono: l'uomo delle
caverne viveva in media trentacinque anni, oggi abbiamo più che raddoppiato
questo termine.
Piuttosto, il fattore fondamentale sarà il mantenimento della pace, la volontà
di tenersi entro i limiti della coesistenza, per difficile che possa sembrare.
Fatto salvo questo discrimine, scienza, filosofia e tecnologia sono benvenute
nel tentativo di modificare e comprendere sempre più a fondo il senso della
nostra avventura su questo strano mondo. Se la civiltà che conosciamo non
crollerà prematuramente, per mancanza di risorse naturali e umane, quella che
verrà sarà un'epoca di imprese straordinarie, di prolungamento della vita e
traguardi che oggi stentiamo a immaginare, ma che la fantascienza ci ha
prospettato da tempo, fino alle soglie di una virtuale immortalità.
Perché il castello che abbiamo costruito con tanta fatica in cinquanta secoli
non ci rovini addosso, sono necessari pace e comprensione. In primo luogo la
comprensione - del resto già raggiunta - della limitatezza delle nostre risorse
naturali. La scienza potrà aiutarci a far fronte a questi immani problemi, ma
le soluzioni che troverà non potranno essere scartate a priori o demonizzate
con una risata di scherno. Lobby, potentati e interessi particolari dovranno
farsi da parte in nome dell'interesse generale della popolazione. Questo
discorso vale sia per i tradizionali cartelli capitalistici che per le nuove superpotenze
economiche, le logge corporative e i partiti oltranzisti.
La tecnologia dovrà essere usata creativamente e con cautela dagli
amministratori, ma non demonizzata per se. Sappiamo che potrebbe condurre a
disastri spaventosi, come è già accaduto nel secolo degli esperimenti faustiani
che si è appena concluso, ma dobbiamo impedire che accada di nuovo senza
precluderci la possibilità di un uso consapevole degli strumenti. Non ho una
fiducia illimitata nel progresso e non dico che quello tecnologico sia
necessariamente il migliore (per la mia indole un supersviluppo delle tecniche
spirituali buddiste/indù o una rifondazione della polis filosofica greca
sarebbero andate meglio), ma è la strada che abbiamo intrapreso e che dobiamo
governare per impedire che muoiano milioni di persone.
Impedire che la gente muoia in massa, in tutti i continenti: è questa l'attesa
di un futuro che si rispetti. Il progresso della medicina, la lotta contro la
fame, la lotta agli armamenti e all'ignoranza saranno fattori fondamentali. La
lotta contro gl'interessi di parte e contro l'oscurantismo subdolo o dichiarato
saranno altrettanto determinanti. Viviamo in un momento, all'inizio del XXI
secolo, in cui ogni genere d'irrazionalismo e oltranzismo rialza fieramente la
testa dalla polvere: si dice di temere il materialismo dell'occidente, il
capitalismo o la tecnologia ma a questi "mostri" si contrappongono
nient'altro che fanatismo, ignoranza e superstizione religiosa. Non è così che
si conquista il futuro, a meno che non si desideri un futuro feudale, un
ritorno al medioevo come quello immaginato da Jack Vance nel memorabile Ultimo
castello.
Dire di no alla superstizione e all'irragionevolezza in ogni sua forma è il
punto di partenza per modificare e ammorbidire il duro mondo in cui viviamo.
Dire di no all'intolleranza ammettendo che la terra stessa è un pianeta a
tolleranza limitata, che non può essere messa a ferro e fuoco se non vogliamo
esserne un giorno ripudiati.
2. Anticipazioni:
parte seconda
Tutto questo ci ha portati molto lontani dallo scopo iniziale, che
era quello di festeggiare il 55° anniversario di "Urania" e
il 50° di Sputnik I. Abbiamo sconfinato nell'editoriale e, per
una volta, l'abbiamo fatto con piacere, ma è ora di tornare
à nos moutons. Il cinquantacinquesimo anno di "Urania" si
è svolto, ci sembra,sotto i migliori auspici. La divisione
edicola, cui facciamo capo insieme a collane prospere e gloriose
come "Il giallo Mondadori", "Segretissimo" e "I romanzi", ha un
nuovo editor molto capace e desideroso di fare, Sergio
"Alan D." Altieri; un editor che crede nella narrativa italiana
per l'ottima ragione che è un affermato romanziere anche
lui, che conosce il mondo del thriller e del fantastico. Del resto,
il lavoro che svolgiamo a "Urania", ai Gialli eccetera viene seguito
con interesse dagli Oscar Mondadori diretti da Luigi
Sponzilli - cioè la superdivisione cui appartiene
l'edicola - e dalla Mondadori Libri, il macroscopico girone cui
facciamo tutti capo. La casa editrice vede con rinnovata attenzione
i fermenti vitalistici che scuotono la fantascienza, il mystery,
lo spionaggio e la letteratura romantica. Perché, in fondo,
quello che oggi tutti pubblicano e vogliono pubblicare è
il romanzesco, questo ibrido dalle cento teste figlio sicuramente
del feuilleton e dell'umile pulp, ma tornato alla ribalta anche
a livello di narrativa generale. Quindi, se "Il giallo Mondadori"
fa il filo ai nuovi autori noir e se "Urania" scopre gli eredi del
cyberpunk (esistono e sono i connettivisti, ma di questo leggerete
meglio sul numero di novembre dedicato al Premio annuale), tutta
la Città dei Generi gioisce, l'intero soufflé del
Romanzesco si gonfia di piacere.Evviva!
Per il 2008 di "Urania" proseguiremo sulla strada che ben conoscete
con alcune rivelazioni e qualche scoperta in più. Il sottoscritto
vi raccomanda fin d'ora l'esordio della nuova saga di fantascienza
spaziale Terminal War
che sarà l'evento avventuroso dell'anno; avremo l'esordio
di un autore inglese importante come Alastair
Reynolds (Pushing
Ice è il titolo originale, un grande affresco che
comincia tra le lune di Saturno). Il nuovo romanzo di Michael
John Harrison verrà tradotto da Vittorio Curtoni e
s'intitolerà Nova
Swing (ripresa di temi e luoghi dell'affascinante Luce dell'universo);
il ciclo di Lord Darcy,
un celebre classico di Randall
Garrett, tornerà completo delle storie ancora inedite
in Italia. Tornerà anche Robert
J. Sawyer, autore di cui ci siamo assicurati tutto il ciclo
degli universi paralleli (Hominids
eccetera); e arriverà Joe
Haldeman con il premio Nebula
Camouflage. Nel campo del fantastico puro, vi segnalo che
è in traduzione un nuovo romanzo dell'impareggiabile Kim
Newman intitolato Dracula
cha cha cha (titolo che dovrà essere adattato): un
affresco di prim'ordine sull'Italia degli anni Sessanta e... i vampiri
che la infestavano.
Vi basta così, per il momento?
3.
La storia di Urania - L'era di Monicelli
Ma questo anniversario non sarebbe completo se non parlassimo del
libro che ha fatto suonare, per così dire, la sveglia del
compleanno.Alludiamo al
primo volume della Storia di Urania e della fantascienza in Italia
di Luigi Cozzi, pubblicato da Profondo Rosso: L'era di Giorgio Monicelli
1952-1961. E' un'opera basata sulle personali reminiscenze
dell'autore, che di "Urania" è stato anche collaboratore,
e su una serie di interviste a personaggi legati all'ambiente della
casa editrice (o a testimoni che li avevano conosciuti nei tempi
pionieristici). Tutto questo materiale è accompagnato da
numerose foto, illustrazioni e commenti - fra cui un editoriale
della scomparsa Roberta Rambelli - ed è offerto come primo
tomo di una storia in fieri della sf nostrana.
Il libro, che parte da ottime intenzioni, organizza le notizie in
maniera forse un po' troppo aneddotica, sfiorando qualche volta
la leggenda metropolitana; e il lettore più esigente non
è facilitato nel rintracciare le fonti delle varie affermazioni.
D'altro canto le interviste, che sono la cosa più interessante,
risalgono agli anni Ottanta o anche prima. Ci chiediamo: perché
lasciar passare un così lungo lasso di tempo prima di pubblicarle?
E perché non approfittare di questo quarto di secolo per
mettere a frutto nuovi strumenti di analisi, tentando di capire
veramente cosa abbia rappresentato l'avventura di "Urania" nel panorama
dell'editoria italiana dagli anni Cinquanta?
Ma nonostante tutto il libro di Cozzi si muove nella direzione giusta
e colma una lacuna importante; è un primo passo verso una
corretta storiografia e dai prossimi volumi ci si attendono gli
strumenti che permettano di valutare il percorso di "Urania" nel
tempo, nell'evolversi del genere e dei gusti: in altre parole, nel
suo peso commerciale e culturale lungo undici lustri. Lasciato da
parte il taglio fin troppo monicelliano di questo volume primo (in
un senso che avrebbe fatto arrossire lo stesso Monicelli: la Storia
di Urania adotta un punto di vista estremamente partigiano a favore
della collana qual era negli anni Cinquanta), Cozzi potrà
affrontare una storia più ampia dell'editoria di fantascienza,
con un esame ravvicinato delle leggendarie collezioni che hanno
incarnato, per usare una formula a effetto, "le rivali di Urania".
Aspettiamo con interesse le puntate successive e confermiamo di
aver letto con attenzione questo primo tomo dedicato a un personaggio
fuor dell'ordinario come Giorgio Monicelli e agli albori di una
musa - di una dea - che tutti veneriamo.
Giuseppe Lippi
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